12 Giu, 2023

Il dialetto al servizio della customer loyalty

Think Global, act local

Quella che stiamo vivendo è l’era del cosiddetto “Villaggio Globale”, in cui codici e linguaggi diversi si sovrappongono dando luogo a una comunicazione varia e culturalmente ricca.

Poco tempo fa si è parlato dell’uso ormai radicato degli stranierismi, specie nel lessico d’impresa, e dell’orientamento patriottico di coloro che si dissociano da quest’usanza: la classe poli*ca, o almeno parte di essa, che invece può presumibilmente apprezzare l’uso di coloriture regionalistiche e dialettali in un se4ore dinamico qual è il marketing.

L’utilizzo del dialetto nella corporate communication non è una tendenza degli ultimi tempi: al contrario, le sue origini sono datate agli anni Ottanta – Novanta, quando i codici locali si introducono mano a mano nei testi radiofonici e televisivi.

 

Spesso il dialetto viene impiegato nella promozione di prodotto alimentari per esaltarne la genuinità e l’attaccamento al territorio: fate uno sforzo mnemonico, e pensate alla campagna che Conad ha lanciato nel 2000 per pubblicizzare gli alimenti regionali avvalendosi del dialetto delle rispettive aree di provenienza… Se la memoria non v’inganna, ricorderete senz’altro il contadino toscano che vantava «Con hodeste olive ss’ha daffare un olio cchè lla fine de i mmondo.»

Non dimentichiamo Ferrero, che ha personalizzato le confezioni di Nutella con 135 espressioni dialettali suddivise in 16 aree linguistiche e riconducibili ai temi dell’entusiasmo, il buongiorno e nomignoli affettivi. Qualche esempio? Gli intercalari milanesi uelà, cum te stet?, alura? 

Di casistiche ne avremmo a bizzeffe, ma non ci dilunghiamo e arriviamo al punto: dall’impresa medio-piccola alla multinazionale, il dialetto si configura come un espediente vincente nel riproporre un brand e/o prodotto in chiave locale, così avvicinandosi alle caratteristiche ed esigenze dei consumatori nelle varie aree geografiche. Un espediente vincente al punto da formulare il concetto e coniare il termine “Glocalizzazione”, che a cascata ha determinato la nascita del “Glocal marketing” la cui filosofia è “Think global, act local.”

In sintesi si tratta di sfruttare i benefici della globalizzazione e al contempo rispondere ai bisogni delle popolazioni locali, previa consapevolezza delle relative caratteristiche socio-culturali. Un modus operandi così settato può rivelarsi cruciale per le realtà di piccole dimensioni, che – nel tentativo di conquistarsi una fetta di mercato – s’imbattono in non poche difficoltà e dunque necessitano di strategie avanguardistiche e lungimiranti. Perché lungimiranti? Perché orientate alla specializzazione dell’offerta e, di riflesso, alla fidelizzazione del cliente; fidelizzazione che porta con sè un altro fattore, il passaparola, che è stato provato essere 10 volte più efficace della pubblicità in quanto si sviluppa spontaneamente.

Alura, non ci resta che invitarvi a glocalizzare la vostra strategia e vedrete che ne uscirà una comunicazione cchè lla fine de i mmondo!  

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